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[ML=ESTER33]. FATHI HASSAN. 2017

Castello Brancaleoni, Piobbico (PU) 04 novembre - 19 novembre 2017

WORKS

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L'imponente architettura storica del nobile Castello Brancaleoni di Piobbico, eretto su un fianco appenninico, è la sede di una retrospettiva dell'opera dell'artista africano Fathi Hassan, nato al Cairo nel 1957 e trasferitosi in Italia, a Napoli nel 1979, per stabilirsi poi nelle Marche dal 1984.

Giunto a Napoli con una borsa di studio, frequenta l'Accademia e l'ambiente artistico internazionale della città formatosi attorno alla Galleria di Lucio Amelio. Qui incontra tra gli altri Joseph Beuys, Richard Long, Mimmo Paladino, James Brown e Robert Mapplethorpe. Nel 1988 viene selezionato tra gli artisti invitati a partecipare alla XXIII Biennale di Venezia, primo artista di origine africana ammesso alla celebre rassegna, da cui, nelle edizioni successive, sarà un susseguirsi di artisti non occidentali invitati alla manifestazione.

Hassan, sin dagli esordi, ha sperimentato più linguaggi espressivi ognuno focalizzandosi sul valore e il senso della scrittura araba che si fa immagine. Celebri sono i lavori del 1985 The Light Man's Historical Footstep e Glance Towards the Unknow, dove l'unità di misura del suo piede, nel primo, della sua testa, nel secondo, si confronta con gli stessi contorni conformati attraverso la pittura di una scrittura araba, che cambia grandezza, direzione e ritmo quasi cercando una propria anatomia, una propria autorevolezza nel terreno delle idee.

La singolarità, nel lavoro successivo fino agli esiti attuali, sarà l'utilizzo di questa sua prima intuizione ad un livello espressivo che l'iniziale equilibrio tra il dato di natura e il surrogato del segno perde concatenazione ma senza privilegiare l'uno o l'altro, senza disancorare il corpo alla scrittura e senza privare la realtà di un suo grado di magismo delle forme secondo la potenza linguistica dell'artefice.

In questo connubio, liberato appunto della prima intenzione di raffronto speculare tra scrittura e figura, fluiranno tutti gli esiti immaginativi dell'artista tra l'individuale e l'ancestrale memoria, tra storia dell'arte e storia politica, tra cultura occidentale e delle origini, ma sarà stata proprio la domanda e la scelta iniziale di messa in scena, di similarità tra codice e corpo a far scaturire la finzione spinta dell'immagine, l'estetica del limbo tra i mondi.

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